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Ieri stavo chiacchierando di Exit.bio e memoria con un professore universitario anziano, mio coetaneo. Ad un certo punto mi ha detto: mi scusi, sa, ma io non sono su Facebook.

Mi sono bloccato incuriosito, gli ho risposto: fermo. Fermiamoci un attimo. Perché si deve scusare? Mi ricorda quell’unico “compagno” che in una sala di riunioni con l’aria irrespirabile osava tossire e dire, nei primi anni ’70 — scusate io non fumo. Il poveretto veniva mal tollerato. Era incomprensibile, era un asociale, non fumava e sotto sotto forse era anche un poco fascista.

Ci sono voluti decenni perché la maggioranza capisse e metabolizzasse il fatto che il fumo fa male, fa proprio male. Succede lo stesso con Facebook, oggi. Mi scusi, non sono su facebook.

In un grande paese dominante è stato inventato un sistema che porta gran parte dell’umanità a fare molto rapidamente cose spesso stupide, quasi sempre inutili all’umanità, ma ben funzionali all’aumento del coefficiente di Gini (la disuguaglianza economica), e incidentalmente (ma neanche tanto) anche allo spreco di energia elettrica. L’umanità si è dotata di un grande strumento di consolazione, e gioiosamente in ciat ed onlain regredisce ogni giorno di più. I social sono armi di distrazione di massa.

Scommetto che non passerà molto tempo e la smetteremo di scusarci di NON essere su Facebook.