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Mentre pedalo sulla cyclette in palestra vedo le mamme e i papà di gagni di tre quattro anni portarli a judo. Non contenti di spremerli con otto ore di scuola li affidano a un altro maestro per altre ore. Tra loro dicono e sognano di quando i figli faranno le gare.

Performance e gare dovunque? Il timore più rilevante che ho mentre costruisco l’iniziativa di Exit.bio è che i nostri utenti vedano in questo strumento — che vuole essere di aiuto calmo e di riflessione — un altro terreno di competizione. Competere sulla memoria: chi si ricorda di più? Cosa facevi e sentivi quando avevi diciassette anni? Come, ma comeeee non ti ricordi??? Non si può, DEVI ricordarti cosa hai fatto, devi trattare il tuo passato come tratti il tuo presente: la pizza ai quattro formaggi con bebe ieri sera e con bobo lunedì, e poi quella margherita noi due da soli, una sfilza di selfi double room. Una competizione sulla memoria? Holy cow, no!

Una macchina è tanto stupida da registrare la tua posizione in modo indifferente: che sia il tabaccaio qualunque dove compri tre volte alla settimana le sigarette, o quel parco in collina dove lui ti ha chiesto in sposa.

Noi uomini abbiamo — per ora — circuiti più intelligenti; ci sono memorie di peso specifico diverso, e il loro peso stesso cambia nel tempo e secondo i luoghi in cui siamo, gli odori che sentiamo, la tessitura del petalo che teniamo fra le dita, i rumori di quei bambini che uscivano da scuola nell’aria e nel sole di un pomeriggio di febbraio.

Noi vogliamo costruire Exit.bio come uno strumento per evocare, per suscitare emozioni — memotions. Non per archiviare dei file: quelli sono il mezzo e non il fine, e tanto meno un mezzo da gara. Vogliamo fare uno strumento educativo, in qualche senso una palestra per allenarsi a comportamenti importanti.

Sarà bello quando camminando lungo il fiume qualcuno dei nostri utenti sentirà un brivido improvviso per un ricordo senza neanche sapere come quello che ha caricato il giorno prima glielo abbia causato. Che importanza ha la razionalità quando sentiamo e siamo, e appunto sogniamo a occhi aperti.

Vogliamo esplorare la possibilità che ogni ricordo abbia un suo peso specifico, e di tanto in tanto possiate spingere in superficie quelli che in quel momento sentite più importanti, e invece ricacciare nell’oblio, al fondo del cestino o nei bauli in soffitta, quelli che in quel momento, in quel periodo, non volete vedere. Vogliamo esplorare con psicologi e neuroscienziati i limiti ultimi del digitale in questo campo, liberandone le potenzialità predate dai signori della pubblicità e del consumo. Un periodico, calmo e determinato, ordinamento più o meno cosciente e liberatorio. L’opposto della performance della memoria.

Se anche solo qualcuno, avendo riconquistato un poco di tempo per sé e i propri cari, camminando lungo quel fiume, o fermandosi davanti a quel negozio, sarà colpito da un pensiero improvviso, sarà stato bello darvi una mano!