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Un quarto di secolo è ormai trascorso da quando Timothy John BernersLee inventò Internet. Lo aveva immaginato come un vero e proprio strumento di democratizzazione: una mastodontica piattaforma aperta che avrebbe permesso a tutti di connettersi e condividere informazioni con chiunque.
Se proviamo a pensare com’era vivere senza, ci rendiamo conto che Internet è stata una delle più grandi invenzioni di tutta la storia dell’umanità e ci ha reso possibili cose che prima si potevano solo raccontare nei romanzi di fantascienza. Ma ogni rivoluzione ha delle ombre e certe nascondono una crudele dittatura. Il fondatore del WWW individua tre pericolose criticità che mettono a rischio la vocazione democratica e comunitaria dell’Internet: la perdita di controllo sui nostri dati, la diffusione di notizie false e l’ eccessiva vicinanza tra politica e pubblicità.

Ci sarebbe tanto da scrivere su tutti e tre i problemi individuati da Tim.
Per una questione di pertinenza approfondiremo solo il primo punto, ovvero la perdita di controllo sui nostri dati personali; faccenda che sta molto a cuore anche -soprattutto!- a Exit.bio.

Tim Berners-Lee spiega che diversi siti e servizi web offrono contenuti gratuiti in cambio di dati personali. I modelli di business di queste imprese “innovative” si basano proprio su quei dati confidenziali: sulla loro vendita e sulla profilazione degli utenti, al fine di fornire delle liste segmentate con una precisione utile a perfezionare le campagne marketing acquistate dai clienti.

Ed ecco come la semplice iscrizione a un forum o la sottoscrizione a un servizio gratuito, si tramuta nel medio periodo in chiamate dai call center e mail di spam a tutta birra.

Se a tutta questa bolgia di interessi privati, aggiungiamo poi il potere dei soggetti pubblici, il problema si inasprisce.

Il controllo dell’informazione già nel novecento era di per sé una delle caratteristiche dei regimi autoritari che cedevano il passo al controllo e alla coercizione,a discapito della libertà, che fosse di stampa, di parola o di pensiero. Le società, i governi e le istituzioni che raccolgono milioni di contatti, già oggi si stanno addentrando in un nuovo mondo del controllo, molto più vicino ai controllati e decisamente più invasivo e spaventoso.
Impallidirebbe Orwell nel sapere quante cose Google sa di noi. Di chi siamo, dove siamo, quando ci siamo, con chi e quanto tempo ci abbiamo messo per arrivare lì.
Avrebbe un mancamento Huxley vedendo come le persone si inebriano dei contenuti privati degli altri, regalandone a loro volta di propri. E quindi giù a postare i propri pensieri, i propri ricordi, le proprie foto sui server di un’azienda californiana come Facebook che null’altro fa se non profilarci il meglio possibile per vendere dei pacchetti pubblicitari sempre più efficienti.

Secondo Tim Berners-Lee infatti ci siamo desensibilizzati nei confronti della privacy e non comprendiamo più i vantaggi che avremmo dalla possibilità di avere il diretto controllo dei nostri dati e dalla possibilità di scegliere con chi e quando essi vengano condivisi.

This widespread data collection by companies also has other impacts. Through collaboration with — or coercion of — companies, governments are also increasingly watching our every move online and passing extreme laws that trample on our rights to privacy. In repressive regimes, it’s easy to see the harm that can be caused — bloggers can be arrested or killed, and political opponents can be monitored. But even in countries where we believe governments have citizens’ best interests at heart, watching everyone all the time is simply going too far.

L’informatico inglese fa certo riferimento ai recenti scandali riguardanti la CIA e gli abusi sulla privacy da parte dell’agenzia di Intelligence americana. Se riteniamo quindi fattuale e concreta la potenzialità di un totale controllo dell’informazione, anche di quella privata, attraverso la tecnologia, vedremo che non è necessario andare in Nord Corea per sentire il rumore della democrazia che langue.

Questo è uno dei principali motivi per il quale bisognerebbe valorizzare i servizi web che agiscono con trasparenza e sensibilizzano i loro utenti circa l’utilizzo e il controllo delle informazioni e dei dati personali.

Exit.bio nasce e cresce anche per questo. Sogniamo un web che non sia una sempre più veloce e furioso, bensì sempre più calmo e sereno. Un web più umano. Un WWW dove i dati e le informazioni si elevano a conoscenza. Un web in cui esistono e vengono valorizzati i concetti di “privacy”, “confidenzialità”, “informazioni private” e “segretezza”.

Exit.bio è molto più di un cloud. È molto di più che un diario segreto.
È la tua memoria digitale, che ti permette di salvare i tuoi ricordi, le tue informazioni personali e confidenziali, i tuoi contenuti multimediali.